Recuperare le spese legali stragiudiziali è possibile
Spesso chi è titolare di un credito in sofferenza tentenna a rivolgersi ad un legale per una diffida in quanto ritiene che le spese dell’avvocato rimarranno a suo integrale carico.
Può capitare infatti che Il debitore, una volta ricevuta la lettera di diffida dell’avvocato, paghi il capitale al creditore a cui rimangono però a definitivo carico i costi dell’avvocato.
Non tutti però sanno che esistono delle categorie di creditori cui la legge riconosce il diritto di recuperare le spese anche stragiudiziali sostenute per conseguire l’incasso del credito.
Tale diritto è riconosciuto alle imprese dal D.Lgs. n. 231/2002 per le spese legali di recupero stragiudiziale di propri crediti nei confronti di un altro imprenditore.
L’art. 6 di tale decreto (rubricato appunto ” Risarcimento delle spese di recupero“) nella sua attuale formulazione, in vigore a partire dal 1 gennaio 2013 così testualmente prevede:
- Nei casi previsti dall’articolo 3, il creditore ha diritto anche al rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente corrisposte.
- Al creditore spetta, senza che sia necessaria la costituzione in mora, un importo forfettario di 40 euro a titolo di risarcimento del danno. È fatta salva la prova del maggior danno, che può comprendere i costi di assistenza per il recupero del credito.
L’originaria formulazione della norma non prevedeva la determinazione minima forfettaria del costo di recupero stragiudiziale che invece ora è prevista.
Inoltre è data la possibilità al creditore di dimostrare di avere sostenuto un costo superiore alle € 40 indicate e tale prova può essere fornita, per esempio, allegando la fattura dell’avvocato emessa a fronte del pagamento del corrispettivo per l’intervento in sede stragiudiziale.
Tuttavia l’art. 6 citato ha il limite di essere applicabile solo a determinate particolari tipologie di creditori ovvero le imprese ed esclusivamente per i propri crediti derivanti da transazioni commerciali.
In realtà art. 2, comma 1, L. 22 maggio 2017, n. 81 ha successivamente esteso l’applicabilità dell’art. 6 anche alle transazioni commerciali intercorse:
1) tra lavoratori autonomi e imprese,
2) tra lavoratori autonomi e amministrazioni pubbliche
3) tra lavoratori autonomi.
Purtroppo il principio continua a non trovare applicazione per tutte le ipotesi in cui il creditore oppure alternativamente il debitore siano soggetti privati.