La trasformazione in società semplice dà sempre luogo a plusvalenze tassabili
L’ordinanza n. 30228/2018 della Suprema Corte di Cassazione, qui commentata, ha stabilito che “La trasformazione della società commerciale in società semplice, determinando un mutamento del regime reddituale dei beni sociali e la loro destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, comporta plusvalenza tassabile, ai sensi dell’articolo 54, comma 1, lett. d) del D.P.R. 917/1986 vigente ratione temporis (ora articoli 85, comma 2, e 86, comma 1, lett. c) del Tuir“.
Il ragionamento della Corte parte dalla considerazione che, sotto il profilo civilistico, la “trasformazione” della società, regolata dagli artt. 2498-2500 cod. civ., si sostanzia in un mutamento della natura giuridica della società e comporta la modificazione dell’atto costitutivo della società trasformata, ma non la nascita di un nuovo soggetto che si sostituisce a quello precedente
Sul piano fiscale, l’art. 170 t.u.i.r. statuisce espressamente che “la trasformazione della società non costituisce realizzo, né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze ed il valore di avviamento” (principio della neutralità fiscale della trasformazione societaria).
La trasformazione è infatti un’operazione fiscalmente neutra che presuppone il rispetto della continuità dei valori contabili e non comporta, di conseguenza, l’emergere di componenti positivi o negativi del reddito d’impresa.
Tuttavia secondo la Corte di Cassazione detta norma non può trovare applicazione all’ipotesi di trasformazione di una società commerciale in società semplice, anche se il soggetto giuridico in esito alla transazione rimane sempre lo stesso sotto l’apsetto civilistico.
La società semplice infatti ai sensi dell’art. 2249 cod. civ., non può esercitare attività commerciale e, quindi, non può neppure essere titolare dì reddito d’impresa, con la conseguenza che i beni di una società semplice non possono essere considerati come “beni relativi all’impresa”.
Ciò comporta che, laddove vi sia trasformazione di una società commerciale in una società semplice, si determina la perdita della qualità di imprenditore e la fuoriuscita dei beni sociali dal regime proprio dei beni afferenti la “sfera d’impresa”, risultando essi destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, sicchè, dopo la trasformazione, essi possono essere ceduti dalla società semplice distribuendo il risultato tra i soci in franchigia d’imposta.
L’operazione dunque, attualmente inquadrata nella fattispecie disciplinata dagli artt. 85, comma 2, e 86, comma 1, lett. c del t.u.i.r., genera una plusvalenza tassabile, atteso che la trasformazione societaria realizza la destinazione dei beni “plusvalenti” a finalità estranee all’impresa, e la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni al momento della trasformazione ed il costo non ammortizzato dei medesimi beni.